Benaco; un lago e le sue isole avvolte di mistero tra mito e leggenda.
di Ghita Beltrami
In tempi quasi leggendari il nome originario del Lago di Garda era quello del dio romano Benaco che viveva padrone sulle lussureggianti sponde del lago al quale venne dato il suo nome. Su queste rive vivevano comunità di pescatori che devoti al loro dio decisero di ergere su un’isola deserta un tempio in suo onore. Per la costruzione i pescatori scolpirono i marmi più pregiati e colorati dalle colline circostanti ed eressero intorno allo stesso dei giardini ricchi di piante e fiori. Quando il tempio fu finito decisero di inaugurarlo con feste e canti che durarono per alcuni giorni, alla fine delle celebrazioni, sull’isola, per custodirlo, dovevano rimanere solo delle vestali, delle ragazze vergini scelte dalla riviera lacustre devote al solo dio Benaco. Le giovani erano tanto belle che spesso i pescatori si recavano vicino alle sponde dell’isola ammaliati dalla loro bellezza. Anche le ragazze si avvicinarono alle spiagge attratte dai canti dei pescatori. In particolare nelle notti di luna piena i pescatori cercavano di attirare l’attenzione delle fanciulle che un po’ alla volta cedettero alle loro lusinghe. Questo non piacque al dio Benaco il quale s’adirò profondamente perché le vergini avevano trasgredito il loro voto e fece così scatenare una tempesta con folgori e saette. I forti venti e le onde altissime un po’ alla volta demolirono l’isola e il suo tempio che venne inghiottita dalle acque del lago. Il dio, prima che l’isola scomparisse del tutto trasformò le vestali in tante ‘sardene’ è così che da allora questa zona si dice che sia ancora tutt’ora molto pescosa e ricca di pesce in particolar modo di sardene.
Affascinata da questa leggenda sul lago di Garda chiamato in tempi passati Benacus, decisi di mettermi sulle tracce di una possibile isola scomparsa. Lasciai Limone e l’Hotel Riviera per cominciare un giro del lago partendo da sud, dopo Gargnano, già a Maderno intravidi ad un orizzonte non troppo lontano un’isola. Venni ammaliata dall’idea di poter visitare almeno il promontorio lì vicino e continuai a percorrere la sponda lacustre fino a Salò da lì verso Portese e a San Felice sulla lingua di terra che dopo la baia del vento sembra sfiorare l’isola. Lasciai l’auto sulla strada e giunsi alla chiesetta di San Fermo scoprii un posto magico; lì si vedeva da vicino nella sua imponenza l’isola del Garda.
Ormai era tardi decisi di tornare verso Limone all’albergo Riviera per la cena e dove sicuramente mi avrebbero potuto informare su questo angolo di paradiso.
Chiesi a Milena Rodella la quale non esitò a raccontarmi un sacco di dettagli sull’isola che conosceva bene e che proprio in quest’anno il primo settembre 2013 avrebbero iniziato a realizzare proprio un concerto all’interno del Palazzo. Milena mi suggerisce la possibilità di recarmi all’isola proprio l’indomani infatti è al martedì e al giovedì che attraccano le barche per l’isola da Barbarano.
E così feci e l’indomani mi trovai proprio la Signora una delle proprietarie ad accoglierci al battello per accompagnarci nei secolari giardini ricchi di flora e di alberi maestosi e per respirare la storia intensa che l’attraversò. Su questa isola si concentra infatti la storia del lago e delle genti che la vissero e se la contesero tra povertà religiosità e sfarzo.
La contessa accompagnandoci inizia il suo racconto: ‘….nel corso dei secoli l’isola del Garda ebbe parecchi nomi ‘insula Cranie’, ‘isola dei Frati’, ‘isola Lechi’, ‘isola Scotti’, ‘isola de Ferrari’ e più tardi isola Borghese. Pare fosse abitata già ai tempi dei romani infatti vennero trovate 130 lapidi Gallico-Romane. Abbandonata a se stessa nei secoli di decadenza dell’Impero Romano, venne adibita a riserva di caccia fino all’ 879.
Un decreto di Carlomanno dell’ 879 documenta la donazione dell’isola ai frati di San Zeno di Verona. L’isola rimase proprietà dei monaci per un tempo indeterminato. Lo stesso anno di ritorno dall’oriente attraverso l’Albania e la Dalmazia, S. Francesco d’Assisi visitò molti luoghi dell’Italia settentrionale compreso il Benaco che gli parve luogo ideale per i suoi frati.
Biemino da Manerba, attratto dal carisma del santo, gli donò parte dell’Isola. San Francesco vi istituì un semplice romitorio nella parte scogliosa a nord. I frati non abbandonarono mai questo luogo solitario nonostante le continue incursioni di soldatesche Bresciane, Veronesi e Mantovane. Nel 1429 con l’arrivo di S. Bernardino da Siena, il vecchio monastero venne rinnovato ed ampliato; l’isola divenne un importante centro ecclesiastico di meditazione che ospitò illustri personaggi religiosi, come padre Francesco Licheto della nobile famiglia Lechi di Brescia, il quale a partire dal 1470 vi istituì una scuola di teologia e filosofia. La morte di Padre Francesco Licheto segna l’inizio di un periodo di decadenza per la comunità religiosa dell’isola. Dal 1685 al 1697 fu convento di noviziato dove i frati facevano ritiro. Nel 1778 il monastero venne soppresso definitivamente da Napoleone che con la Repubblica Cisalpina acquisì il diritto di proprietà sull’isola. In seguito divenne proprietà del demanio e negli anni successivi ebbe diversi proprietari: Gian Battista Conter (1800), i fratelli Benedetti di Portese (1803),Giovanni Fiorentini di Milano (1806) ed il Conte Luigi Lechi di Brescia (1817). Luigi Lechi ordinò importanti opere di restauro e costruzione per poi cederla vent’anni dopo al fratello Teodoro, ex generale dell’esercito di Napoleone che apportò ulteriori modifiche con l’aggiunta delle terrazze di fronte alla villa.
Nel 1860 fu espropriata dallo Stato e assegnata all’esercito. L’idea di costruirvi una fortezza venne però abbandonata e se ne decise la vendita all’asta; la proprietà venne aggiudicata al Barone Scotti che la rivendette al Duca Gaetano de Ferrari di Genova e a sua moglie, l’Arciduchessa russa Maria Annenkoff.
Tra il 1880 e il 1900 i nuovi proprietari si dedicarono alla progettazione e alla realizzazione del parco, costruendo muri di contenimento verso il lago e importando terra fertile e piante esotiche. Una selva armonica di pini e cipressi, di acacie e limoni, di magnolie e agavi. L’isola del Garda è magia e mistero. Il palazzo fu arricchito da terrazze sistemate a giardino all’italiana con elaborati disegni di siepi e cespugli fioriti. Prima della morte del Duca nel 1893, i due concepirono insieme il progetto di un palazzo da costruire al posto della vecchia villa Lechi.
La villa in stile neogotico-veneziano venne costruita tra il 1890 e il 1903, su progetto dell’architetto Luigi Rovelli. Le facciate sono decorate da finestre ad arco acute e nell’angolo sud ovest si erge una torre coronata da merlature a ricamo in pietra con decorazioni floreali in stile neogotico. Dopo la morte dell’Arciduchessa, l’isola passò in eredità alla figlia Anna Maria, sposa del Principe Scipione Borghese di Roma. Anna Maria amò molto l’isola e ne fece la propria dimora sino alla fine della sua vita, curandone il parco e i ricordi di famiglia. Nel 1927 alla morte del Principe l’Isola passò in eredità alla figlia Livia, sposata con il Conte Alessandro Cavazza di Bologna mantenendola in ottimo stato per lasciarla in eredità al figlio Camillo, mio padre, che la lasciò a sua volta alla moglie Charlotte ed a noi sette figli’.
Immersi dalla storia non ci eravamo accorti che la nostra visita era ormai finita, ma si concluse magnificamente con l’assaggio di vino e specialità della zona sul portico del palazzo dal quale potevamo vedere tutto il bacino del garda. Con aria trasognata ritornai a Limone, non vedevo l’ora di sdraiarmi sotto gli olivi del giardino dell’Hotel Riviera per immergermi ancora un po’ nella storia dell’isola, delle sue leggende e magari perché no’; capire finalmente dove fosse finita l’isola scomparsa.